Era un giorno del 1951, padre Pio passeggiava ancora su questa terra e due giovani di san Giovanni Rotondo stavano per legarsi per tutta la loro lunga vita piena poi di figli e nipoti. Lui un ragazzo che aveva patito poca guerra e molta fame, pieno di sé all’inverosimile e cocciuto come un mulo. Lei una ragazza semplice a cui la vita molto aveva negato. Come uso e costume la sera prima delle nozze il giovane si presenta alla casa della sposa per quella che viene definita la “trasiuta” (entrata) dove viene ufficializzato fidanzamento e viene deciso il matrimonio. In questa occasione i famigliari della sposa secondo costume dovrebbero offrire allo sposo e parenti la “raganata”. La raganata, per chi non lo sapesse, è un semplice piatto fatto con carne di pecora, più o meno vecchia in base alle disponibilità economiche dela famiglia della , cotta con le patate.
Però la vita a volte gioca brutti scherzi e la giovane donna, purtroppo in ristrettezze in un mondo in cui la carne vaccina si comprava solo a Foggia per i malati che ne necessitavano, non potè deliziare lo sposo di questa leccornia tradizionale e amarognola.
Neanche la raganata mi facesti! (già tradotto dal dialetto di san Giovanni) Fù l’affermazione che un non più giovane sposo fece rivolto alla sua non più giovane sposa durante un pranzo di famiglia di quasi 60 anni dopo e la non più giovane sposa fece presente, in maniera quanto meno calorosa, che allora stavano talmente male che neanche suo padre potè presenziare alle povere nozze a cui poterono assitere solo sei invitati tutti parenti dello sposo, a casa del quale si sarebbe consumato il pranzo dopo la cerimonia.
Dopo un’ acceso scambio di battute la non più giovane sposa con un malessere interiore, che solo lei conosce, conclude con un: “non farmi parlare..”
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